martedì 13 luglio 2010

Il corridore di mezza via

Capitolo 1

La curiosità, l'iscrizione

Eccomi qua, dopo lungo pensarci su, mi son deciso a correrla. In giro un sacco di volantini me la facevano sentire come magica. Sì, è vero, gli slogan sui depliant son lì apposta, mica saranno stupidi gli organizzatori? Sul retro del variopinto A4 la scritta "pre-iscrizione" consigliata, mi mette in ansia. Perchè mi chiedo? Saran così tanti da limitare la partecipazione? Meglio verificare. Una e-mail all'indirizzo indicato ed attendo. Passano 12-13 ore ed ecco la risposta...Mi relaziono con l'addetto stampa del comitato CSC, o meglio, ovvero del GS che organizza. Il pacco-gara, il numero, la TDS mi fan pensare ad una corsa in montagna per pro del settore, ma una volta avuta la risposta inizio a ristabilire la giusta entità della corsa. Per molti ma non per tutti, non perchè gli scarsi o i normali non siano ben accetti, anzi...Per motivi di logica territoriale, più di quei tanti non ci si sta. Campo di Alano è un paesino minuscolo, con tutto ciò che gli serve per quel poco che gli si chiede, ma non sarà mai capace di accogliere 1000 persone in corsa, troppo stretti si starebbe. Così mi preiscrivo e mi danno il numero. Sono il 313, sig.Pino Verde del GS Le Valli...Non faccio gruppo! Ok, non serve nemmeno il certificato, che pure avrei, perchè alla salute ci tengo e quello ci vuole, con tanto di visita medico sportiva cui ognuno di noi dovrebbe sottoporsi una volta l'anno per sicurezza. Ad ogni modo mi faranno firmare una dichiarazione di responsabilità e in più, compreso nell'iscrizione, sarò automaticamente assicurato con una giornaliera CSI detta FreeSport. Meglio così, se mi esce una caviglia almeno rimedio qualcosina.La montagna non è il mio pane, ho trovato la pubblicità alla maratona trevigiana, all'expo e prima ancora alla BellunoFeltre che son più cosa mia, dritte, in semipiano e sull'asfalto. Ma i sentieri mai provati e nessuna corsa off road, è ora di provare... Ebbene, il passar dei giorni mi mette un pò l'ansia, da Bologna a Alano di Piave, credo sarà lunga, ma apprezzata. Certamente sarò colui che arriva da più lontano mi dico. E' così...Cerco un albergo in internet, ma non riesco a rintracciare nulla. E' pur vero che non sono un mago della navigazione. Chiedo ancora aiuto al mio interlocutore e-mail. Presto chiesto , presto fatto. In zona, almeno nel comune di Alano di Piave, mi indica un albergo ed un B&B. Quanto basta, ho indirizzi web e numeri di telefono. Opto per la soluzione Bed and Breakfast, programmandomi una tre giorni nella cosiddetta Conca degli Eroi, con tutto il massiccio del Grappa a disposizione. Mi porterò mia moglie, sarà una piacevole gita in montagna e pure lei, volendo, coi bastoncini si farà la passeggiata naturalistica in ambito gara...Pochi giorni e via, due pensionati dall'Emilia Romagna, ancora una volta alla scoperta del Veneto, stavolta prealpino.


Capitolo 2

Verso la Conca degli Eroi

...sabato ci sarà la corsa. Io e la Gian dopo qualche ora d'auto siamo ormai in territorio bellunese. Certo, abbiamo un pò divagato e girovagato, entrati in Veneto. Le cose da vedere sono molte, anche dal finestrino dell'auto in corsa, ma si sà, i pensionati hanno tutto il tempo e noi il viaggio ce lo siam goduto tutto. Abbiamo l'abitudine di viaggiare in automobile anche per migliaia di chilometri, senza dare alcuna importanza al tempo. Tanto quello passa comunque e non si ferma a guardarsi indietro per accertarsi che tu ci sia ancora, quindi la curiosità val bene il gusto del bello e de voler fermarsi ad apprezzarlo. Io guido e non faccio mai l'itinerario più breve. Per me “google maps” è un'entità che potrebbe anche andare in fallimento. così, tra una fermata sull'argine del Pò, incontrando gli amici podisti tagliolesi in pieno allenamento lungo le vie dei loro amati territori e i pescatori di rientro dalla giornata di lavoro, il mercoledì è passato e col calar della sera ci siamo avviati verso la nostra meta. La conca delle medaglie d'oro. Certamente ad Alano troveremo ad accoglierci un buon letto e speriamo, prima , un buon pasto in qualche ristorantino tipico. Non conoscendo minimamente la zona, viaggiamo anche con la fantasia, immaginando un paesaggio dall'aspetto accogliente, in una pace silenziosa tipica della valle immersa in se stessa, ospite delle sue montagne.
A Montebelluna un primo cartello stradale indica alano di Piave, ci siamo quasi , quando l'orologio indica le sette e mezza serali mi affretto a spingere lo sguardo più in là che posso. Innanzi a me il comprensorio del la Monfenera è una barriera naturale dai contorni rotondeggianti, affiancata sulla sua sinistra dai primi contorni delle cime del Grappa ed a destra, più in lontananza, dalle lontane vette dolomitiche di cui si scorgono i primi tratti aspri. Queste montagne non le avevo ancora viste, mai fino ad allora mi ero spinto verso quest'arco montano, seppure con gli sci mi sia avventurato più volte nelle zone lombardo piemontesi. Come da indicazioni del mio mentore "e-mail" del posto, subito dopo il Ponte sul Piave, in località Fener, mi fermo qualche secondo a guardare il miliario d'epoca romana che indica chiaramente la presenza del passaggio del grande impero, anche quì, dove in anni a venire fu poi la Serenissima a sfruttare l'energia trasportante delle acque, per muovere il legname fino a Venezia.
L'indomani sarà certamente nostro piacere e curiosità, visitare Castelnuovo, costruzione antica in zona querese, tra Quero-Vas e Santa Maria, attualmente luogo di meditazione per i frati ed i loro ospiti, proprio sulla sponda del fiume Piave, lì dove un tempo vi era con tutta provabilità una zona di interscambio o dogana appunto fruita dalla Repubblica di Venezia...ma di questo non sono certo ed avrò modo di chiedere agli eventuali uffici turistici o agli attuali residenti.
Eccoci arrivati, l'unico B&B di Alano era pronto al nostro arrivo e dopo aver fatto conoscenza con le gestrici del nostro rifugio nella conca, chiediamo lumi ed otteniamo degna risposta, su come poter sfamare i nostri istinti gastronomici. Tra i posti segnalati tralasciamo gli agriturismo, non proprio a portata di gambe, per incamminarci a piedi verso una piccola pizzeria, dal gusto retrò, che pare essere conosciuta come calma nel servizio quanto ottima nella qualità della materia prima da ingurgito. Quattro passi ed io e la Gian siamo davanti all'uscio di questo cibarìo pertugio, incastonato nella cornice di una piccola piazzetta, al cui centro ed all'atenzione della scena, pone una "vecchia" fontana rotondeggiante, chissà da quanto tempo posata lì per musicare il luogo con il gorgoglìo costante e soavemente quieto dello scorrere infinito del riciclo d'acqua...

Capitolo 3

Le meatte

...torniamo stancamente verso l'ostello. La strada è breve ma la notte, oltre che lunga, è così intensa da farci sembrare il piccolo tragitto come una lunga passeggiata d'un tempo. Eh già, dopo qualche anno di vita da pensionati, mi rendo conto di aver concesso poco al romanticismo d'anni or sono. Questa sortita per le vie secondarie di Alano diviene senza preavviso, l'occasione del riscatto verso la Gian. Povera ragazza mia, sempre pronta a seguirmi ovunque vada a correre, senza far domande, apportar proposte o avanzar obiezioni. Questa notte porta con se un chiaro di luna che ci accompagna, illumina i pensieri e rinsalda le emozioni del cuore. L'acqua delle fontane fa da specchio, al riflettersi della signora della notte e noi, rapiti come non avessimo mai veduto nulla di simile, siamo immersi con l'anima nel suo risplendere argenteo.
Come tutte le favole, varcata l'entrata del pertugio notturno prescelto, ci abbandoniamo ad un thè in compagnia con un'altra coppia di ospiti. Sono Giacomo ed Assunta, due bresciani, insegnanti ed appassionati di storia contemporanea, venuti a visitare i luoghi teatro della Grande Guerra, sul Monte Grappa. Una parola tira l'altra e presto Giacomo s'accorge dell'ora tarda ormai fattasi. Le due della notte! Ci dicono di voler alzarsi alle cinque per andare a far due passi su un sentiero di cui avevano sentito e letto, "le Meatte". Tre ore di sonno soltanto? E noi? Matti più di loro ci accodiamo all'avventura e conla buonanotte, ci diamo appuntamento per colazione. Sarà il viaggio o quel silenzio tipico della montagna, disturbato soltanto dal rintoccar di qualche scampanata di campanile, ma il nostro dormire è pesante e profondo, gustato sino all'ultimo minuto prima della levata all'alba.
Facciamo colazione con l'ottimo caffè latte preparato da Assunta , mentre la mia Gian offre ai nostri nuovi amici i biscotti fatti da lei e che ad ogni viaggio porta con noi. Lo stomaco pieno e la mente libera ci portano ad avviarci in automobile verso la vedetta del Monte Grappa. Mi offro da autista, non amando viaggiare in macchina da passeggero. Ci vuole un'oretta scarsa, a risalire la strada stretta e piena di curve e tornanti, che passando per il Monte Tomba ci porta all'imbocco del sentiero.Le Meatte sono un luogo di grande interesse botanico, storico e paesaggistico. L'ambiente rupestre prealpino, abbinato alle nebbie frequenti che mantengono d'estate basse temperature e costanti condizioni d'umidità, ha determinato le condizioni per il concentrarsi in questo luogo di molte rarità vegetali. Si possono ammirare molte classiche e spettacolari fioriture di ambiente di roccia, di canalone e di prati rupestri.
Lo stesso tracciato militare, assieme ad altre opere di cui si intravedono le tracce, merita d'essere ammirato per la sua arditezza. Venne realizzato dal Genio militare italiano come opera di immediata retrovia per spostare e ricevere le truppe al riparo dal tiro nemico (che era attestato su parte dei Solaroli e del Monte Spinoncia, due dorsali del Grappa poste, rispettivamente, a nord-ovest e nord-est delle Meatte). Attraente, poi, è l'immagine paesaggistica del luogo stesso, un vero scoglio rupestre e selvaggio che si erge poderoso sui fianchi orientali del Grappa. La ricchezza e rarità della flora rupestre è forse l'aspetto più peculiare del luogo. Si possono riconoscere, anche se il sentiero si snoda a quote relativamente modeste, molte entità tipiche delle Dolomiti.In effetti se avessimo problemi acuti di vertigini, non saremmo andati molto in là , una volta iniziato il tratto esposto, eppure camminando anche questo senso di vuoto, sotto ai tuoi piedi, è compensato dal pensiero di quei giovani che scavarono tutto questo per salvare la loro pelle e darci la nostra libertà di camminarvi ora sopra. La croce in Pian de La Bala sancisce il termine del sentiero e da lì decidiamo di seguire la strada asfaltata e magari fermarci in qualche malga per il pranzo. Ci sovviene che avremmo dovuto visitar Castelnuovo, ma quì si stà così bene...

Capitolo 4

Il soldato Peter Pan

In effetti con Giacomo mi sono bastate poche parole ed una serie di ragionamenti, per capire che tra di noi potrebbe nascere una bella amicizia. Come era prevedibile, le parole dei due maestri lombardi, si incentrarono quasi del tutto, sulle loro conoscenze relative al grande conflitto mondiale. In questi luoghi, dove ora noi passeggiamo ingannando il tempo con l'unico scopo di trarne beneficio fisico e spirituale, loro ci fanno continuamente notare come ogni metro della montagna in cui ci troviamo, sia stato teatro di scene strazianti e di gesta eroiche.
Il cielo si è ingrigito d'improvviso, quasi che i racconti abbiamo portato un velo d'angoscia di cui la montagna si voglia ricoprire, forse tentando di dimenticare ferite ancora aperte e ben visibili, sulla sua pelle viva. Basta guardarsi attorno per scorgere numerosi, piccoli crateri visibilmente innaturali. Eh sì, buche a volte profonde metri, spesso larghe molti piedi, sono il segno tangibile dei bombardamenti e dello scoppio ripetuto di quelle palle di morte, scambio acerrimo di violenza, tra le truppe italiane e i contingenti austriaci. Ho capito subito che da "Pian de la bala", la nostra destinazione non sarebbe stata di ritorno immediato e benchè la gara e i chilometri in programma, fossero dietro l'angolo, come scopo primario di questa sortita al nord, non fiatai minimamente vedendo i signori D'Arda, incamminarsi verso la cima, seguendo la stretta via asfaltata. La mia Gian, meno allenata di me, s'affrettò subito a venirmi a fianco chiedendomi dove stessimo andando. Io in verità immaginavo, ma non potevo esser certo. Ma Assunta, che era una bella signora sulla cinquantina, in una splendida forma, tale da dimostrare molti anni in meno, non perse l'occasione per dimostrare che le donne vedono molto più avanti di noi. Capì che la mia metà era spaventata dal dover percorrere troppi chilometri, rischiando di disturbare il cammino altrui con le sue eventuali difficoltà. Immediatamente è venuta vicino a noi e con fare quasi malizioso, con due pacchette sul sedere sdrammatizzò l'imbarazzo della Gian, rincuorandola sul fatto che ci saremmo fatti un bel tratto di strada, ma così lentamente da non perderci un'attimo ed un centimetro del fascinoso mondo che era attorno a noi. Giacomo, battistrada dal ritmo pacato, ci conduceva lungo questa secondaria, che ben presto si sarebbe congiunta con la celebre statale Cadorna. Così fu in effetti. Lungo la via, dolcemente pendente, qualche lapide posta a bordo strada, ricordava il prezzo che si paga alla montagna, alla minima imprudenza. Foto in bianco e nero, semi sbiadite dal tempo, poste su marmorei scrittoi funebri , dalle iscrizioni ingrigite, quasi abbandonate ad un destino di dimenticanza. Storie di vite interrotte, sul Monte sacro alla patria, ben dopo i nefasti giorni della morte bellica. Vite interrotte per lo più negli anni '60/'70, quando il passar del tempo accoglieva una nuova era per questa montagna, abbandonata dopo la guerra e iniziata a rivivere proprio in quegli anni. Ecco, immaginavo lungo la strada, come queste persone, venute a ridar spolvero al Grappa, finirono per divenire altri martiri in età moderna, sacrificati all'esistenza lavorando nella monticazione o semplicemente riaprendo la via ad un turismo atipico che sarà in eterno votato al pensiero d'eroici volti e di storie spezzate alla ricerca d'una libertà, talvolta mal apprezzata dalla attuale modernità.
Porca vacca...Chiedo scusa ai lettori, ma mi sovviene, che nel mentre mi ispiravano pensieri tanto profondi, uno scivolone sull'asfalto asciutto, mi faceva presagire il contatto diretto, tra la suola dei miei scarponi nuovi ed il segno tangibile del "bovin passaggio". Una risata fragorosa alle spalle del povero Pino. Certo, come direbbero i turisti, cosa vuoi che sia; roba naturale, appunto dal profumo di natura, ma in effetti preferibilmente detto "puzza di cacca di mucca".
E intanto, passata una mezz'oretta siamo sulla cadorna, diretti ove avevo previsto. Al sacrario militare del Monte Grappa. Ad un certo punto, guardandomi, Giacomo fece spallucce e disse:
. Non capendo , com'era ovvio che fosse, dovetti ribattere:
. Giacomo si fece austero, ma con l'occhio furbo di chi quasi si beffa del prossimo... ed indicò con l'indice il grande mausoleo ancora distante da noi, ma ben visibile sulla cima dell'aspro paesaggio. Per me era impossibile e glielo dissi. Ma lui convinto del fatto suo aggiunse...


Capitolo 5

La madonnina mutilata


...lo guardavo con espressione inebetita, quasi offesa, di chi si sente un pò preso per i fondelli.
Ma immaginavo che dietro a quella che sembrava una burla, ci fosse qualcosa di molto più chiaro, provabilmente anche serio.
Intanto Assunta e la Gian, si scorgevano diversi tornanti sotto di noi, perse nel loro incedere lento e chiacchiericcio. In effetti la professoressa, appariva quasi soggiogata dal fascino del paesaggio che andava a visitare per la prima volta, Chiaramente il tutto era giustificabile dalla grande passione che i nostri due compagni di viaggio si portavano addosso, per tutto ciò che è e fa storia. Le donne si raccontavano i motivi della presenza in quest'area del veneto, ma lo facevano non con superficialità, bensì trasudando emozioni rispetto alla scelta di venirci. Tra le righe sembrava quasi che la Gian avesse convinto la sua nuova amica a partecipare alla corsa di sabato, facendo una passeggiata in compagnia, lungo quel percorso che gli organizzatori promuovevano come "sentiero della Grande Guerra".
Nel frattempo io e Giacomo ci trovavamo ormai ai piedi del sacrario. Decidemmo di avanzare fino al Rifiugio Albergo Bassano. La targhetta altimetrica segnava quota 1745m ed in effetti una leggera ma pungente brezza aveva iniziato a infilarsi tra le fenditure della camicia di flanella che mi portavo addosso. Dietro al grande Rifugio, un ampio parcheggio, con già un paio di corriere da turismo, in sosta su questo celebre monte dal sapore di libertà. Una lunga gradinata posta al principio dell'area di sosta, si alzava con lieve pendere,verso uno degli ingressi del sacrario. Avrei voluto salire, ascoltando le spiegazioni dotte del mio nuovo amico, ma mi sembrava di fare un torto alla Gian, andandoci senza di lei. Quindi decidemmo di sederci un'attimo sulle tavole esterne al rifugio, sopra l'ampia terrazza, che con la dipartita della "caliverna", apriva allo sguardo un panorama da non scordarsi più. Dopo una mezz'oretta Assunta, arrivò stancamente alla cima, trascinandosi appresso la sagoma esausta della Gian, che aveva un paio di gote così rosse, da sembrare sul punto di incendiarsi.
Giusto il tempo di mandar giù un boccone e di bere qualche sorso d'acqua, mai così fresca e dissetante, la donna lombarda prese a farci da "Cicerone", dandoci spiegazione di ciò che stavamo guardando. Davanti a noi la sconfinata Pianura Veneta, precedeva il luccichìo, favorito da un cielo sereno come non mai, della Laguna di Venezia. Girando lo sguardo ad est, Il Gruppo del Cesen, del Cansiglio, le Alpi Carniche ed il promontorio del Cavallo. A nord, le Dolomiti Bellunesi, il Lagorai e le Pale di San Martino. Sull'ultima latitudine , ad ovest, ancora spazio per gustarsi a perdita d'occhio l'Altopiano dei Sette Comuni, I Monti Lessini, il Gruppo del Carega, il Monte Pasubio e ultimo, là in fondo, il protaginista di uno dei canti alpini rimasti nella storia, l'Ortigara.
Era circa mezzogiorno quando ci inamminammo lungo la gradinata che conduce al sacrario. Nell'ordine abbiamo visitato tutti i 5 muraglioni disposti a cerchio, uno sopra l'altro. Alla rinfusa abbiamo letto molti nomi di altrettanti uomini caduti. Ci disse Giacomo che i feretri cui è stato associato il proprio nome sono oltre 2000, ma pochi se confrontati con i quasi 13000 resti italiani, silenziosamente in riposo eterno quassù. Tra le tombe si nota quella del Generale Giardino e di sua moglie, ovvero di chi comandò l'Armata del Grappa in quei tremendi eventi a cavallo tra il '15 ed il '18. Così nel proseguire della visita, siamo entrati nel Sacello della Madonnina, mutilata da granata austriaca nel 1918 e poi restaurata. All'interno del sacello il busto Papale di San Pio X. Oltre questa piccola costruzione, dedicata al culto ed alla meditazione per lo più cristiana, un lungo viale, pavimentato con larghi, quadrati di cemento, che si perde per oltre un centinaio di metri, accompagnato lateralmente da piccoli torrioni indicanti i nomi delle grandi battaglie. Sul suo sfondo domina il Portale di Roma, su cui regalmente giace ferma la scritta "Monte Grappa tu sei la mia patria". Ci siamo avvicinati e vi siamo entrati, visitandolo dall'interno, dove un museo dedica il suo placido essere ai decorati d'oro, medagliati del Grappa. Salendovi in cima, un pertugio conduce ad un terrazzino, che guarda insistentemente ai monti. E' un'Osservatorio, sul quale un bronzeo planimetro, in bassorilievo, indica i vari luoghi dell'intero massiccio. Molto altro prima di partire abbiamo visto d io non scorderò mai, l'ala austro ungarica del sacrario, dove 10000 spoglie di pur nemici eroi, hanno trovato una pace eterna senza nome, sfortunati fratelli di sventura tra i 295 militi d'oltr'alpe, identificati. Li ho voluti leggere quasi uno ad uno, in quell'esiguo spazio loro dedicato, consapevole che la loro morte non li ha portati che ad essere quasi innominati protagonisti d'una storia che è anche mia. Seduto sul muretto di fronte alla prima delle arcate nemiche, pensavo a quanto l'essere umano possa cedere alla stupidità , di fronte alla sete d'un potere inutile. Ad un tratto un secco inatteso fruscìo di vento... Inseguii il berretto volato via, mentre dentro di me sentivo mancasse qualcosa...Ecco, l'aria, il beffardo vento mi ha portato viso a viso con una eterna dimora fredda e a mezzaluna...quella dell'austro ungarico soldato Peter Pan...Giacomo sapeva...una lacrima rapida e sincera mi ha bagnato il viso.


Capitolo 6

La valle


Il ritorno in auto, lungo una interminabile serie di tornanti, con la strada esposta a precipizio, mi dava un senso di tristezza. Abbandonare quella montagna, che tante emozioni, in breve tempo aveva suscitato in me, mi appariva come una fuga dal tempo antico, passato, che rischiava così di cadere nel dimenticatoio dei miei pensieri. In effetti ero conscio che questo non sarebbe accaduto e mi ripromisi di ritornarvi con maggiore calma, per viverne a pieno la pienezza storica di cui era così profondamente intrisa. Non mi dimenticherò mai il nome di quel soldato e un giorno, se mai avrò dei nipoti, potrò raccontare, di fronte ad un vecchio cartone animato o ad un libro dalla fodera sgualcita, di averlo conosciuto, quell'eroe alato.
Arrivati sul Monte Tomba, ci fermammo qualche attimo ad osservare la piana, che la giornata ormai tardo pomeridiana, apriva davanti a se, come un quadro ottocentesco (quì lo dico e quà lo nego, perchè a parte l'arte del mangiare, poco titolo ho per espormi con fiera certezza), ricco di trame variopinte, ma dalla tonalità pienamente naturale. Ben chiara la zona rodigina ed i colli euganei, a metà sguardo, a precedere la laguna, velatamente visibile ad occhio nudo, ma perfettamente scrutabile con il binocolo. Il Monte Tomba è una conformazione quasi collinare, che non arriva a 1000metri di altitudine, intrisa sul davanti, di una folta vegetazione a tratti cosparsa di castagneti, all'ora opportuna meta di molti truffaldini arruffatori del frutto autunnale, dalla castagna al conosciuto e prelibato marrone del Monfenera. Sulla cima si adagiano diversi fabbricati rurali, più o meno agibili, dalla utilità a volte turistica e molto più di rado d'attività malgara. In effetti, l'unica malga attiva è quella che ci siamo trovati a fianco parcheggiando l'auto, ovvero la malga Miet. Non abbiamo potuto esimerci dal far due passi lungo la piana di cima, inerbata ma segnata da una strada carraia che ci ha condotti ad una piccola chiesetta e ad un ceppo, su cui sono posti diversi pennoni per alzabandiera, senza dubbio utilizzati per commemorazioni belliche. Il dubbio presto svelatomi da Assunta che sembrava conoscere il luogo, quasi fosse di casa.
La discesa a valle, che non ricordavo perchè la mattina, salendo era ancora buio pesto, mi parse ancora più difficoltosa rispetto al passo dal Tomba in su. La strada provinciale che sale da Alano alla malga Miet o alla dismessa malga Doc, versa davvero in condizioni precarie, oltre ad essere stretta ed esposta in vari punti. Ricordo perfettamente i sobbalzi dell'auto sopra le fitte buche, che l'autista di turno si concentrava a prendere tutte in pieno e ben bene. Finalmente la fine della discesa ci portava sopra un ponticello in pietra, al cui fianco uno stabile diroccato, dalle ampie dimensioni giace incustodito, per quanto transennato, vittima di se stesso e del tempo. A giudicare dall'ampio parcheggio pensai subito ad una struttura ricettiva, del tempo che fu. Mi pareva strano che Giacomo no ne sapesse nulla, quindi ne ottenni una spiegazione dal sapore inatteso. Pare infatti, che questo vetusto maniero d'epoca post moderna, fosse qualcosa di simile ad una balera. Anzi diciamo che col sorriso sulle labbra, Assunta si spinse a specificare che lì un tempo si ballava, anche con graziose signorine dal danzar d'amore. Il nome del gestore suscitò una risatina tra tutti noi, perchè il nome di questo signore, ormai passato ad altri lidi , non più terreni, corrisponde all'appellativo di Antonio, detto altrimenti "Toni cul"...altro non ho chiesto, non serviva al mio ardir di conoscenza.
Si era fatta ormai sera, con il sole della conca scomparso dietro ai monti circostanti ed un lieve spirar di vento fresco, che richiamando la manica lunga, invogliava ad uscire a far due passi per le vie del piccolo centro...

...IL RESTO , AMICI MIEI, SARA' STAMPATO E ESPOSTO NELLE LIBRERIE APPROSSIMATIVAMENTE TRA DICEMBRE 2010 e GENNAIO 2011. ABBIATE PAZIENZA, SE VORRETE LEGGERE IL SEGUITO E DI QUESTO VI RINGRAZIO GIA' DA ORA.

Alexander Geronazzo "ArGo"
Premessa

Sentite la mia idea... Lasciate a parte tutto ciò di reale e materiale che avete addosso e calatevi nella parte dei bimbi d'una volta che si lasciavano "cullare" dai racconti dei nonni...Questo dovrebbe essere...Io seduto su una poltrona a dondolo , a fianco d'un caminetto acceso...Il rumore scoppiettante del castagno secco che arde sopra il braciere...e voi, adagiati sulle vecchie poltrone, ricoperte da antichi plaid a quadrettoni, poste a semicerchio di fronte al narratore...una teiera fumante e un pò di voglia di sognare, viaggiando con la fantasia, sotto altrui spoglie, in posti reali dentro una storia inventata e romanzata...magari colorita con gli errori tipici della frenesia di chi vuol scrivere per non scordarsi il pensiero che transita nella sua mente.

Alexander Geronazzo